Banche, ora fanno paura i coco bond. Qual è la situazione in Italia?

Agenzia assicurativa Ferrari

Venerdì, 10 Giugno 2016

Banche, ora fanno paura i coco bond. Qual è la situazione in Italia?

Le banche sono ancora al centro delle tensioni sui mercati finanziari e ieri, sebbene i titoli degli istituti quotati a Piazza Affari siano andati travolti, il panico non ha riguardato essenzialmente l’Italia, bensì l’affidabile Germania. Sì, perché è iniziato a serpeggiare il timore tra gli investitori, che Deutsche Bank, la prima banca tedesca, non sarà in grado di rimborsare alcune obbligazioni. In particolare, l’allarme è scattato intorno ai cosiddetti “co.co.bond”, che a dispetto della denominazione apparentemente esotica, rappresentano titoli molto rischiosi per chi li ha acquistati.

I co.co.bond stanno per “convertible contingent bonds”, ovvero per “obbligazioni convertibili (in azioni) all’occorrenza”. Spieghiamoci meglio. Le banche devono possedere un patrimonio di vigilanza minimo, al di sotto del quale non possono scendere, stando non solo ai requisiti imposti al livello nazionale ed europeo, bensì pure alle previsioni impartite dal Comitato di Basilea III, che entreranno in vigore dal 2019

Co.co.bond sono titoli rischiosissimi

Ora, le obbligazioni rappresentano per le banche uno strumento di finanziamento, di raccolta del risparmio sul mercato, da impiegare per esigenze finanziarie proprie o per gli impieghi. Tuttavia, esse sono debiti e, in quanto tali, abbassano il livello del patrimonio di vigilanza. E così, con lo scoppio della crisi finanziaria del 2008, l’ingegneria degli istituti si è messa in moto e ha inventato i cosiddetti titoli “ibridi”, ovvero obbligazioni, che al verificarsi di eventi fissati nel contratto di emissione (“triggers”) consentono alle banche, a loro discrezione insindacabile, di convertire tali titoli in capitale, ovvero in azioni. Di solito, gli eventi che fanno scattare questa facoltà di conversione sono la discesa dell’istituto al di sotto di un dato requisito patrimoniale minimo.

Così facendo, la banca ottiene un doppio risultato: si libera formalmente di un debito e incrementa il capitale, grazie alla conversione. Per l’investitore, però, ciò implica un rischio elevato, perché potrebbe ritrovarsi in possesso di azioni, il cui valore potrebbe essere molto inferiore a quello nominale delle obbligazioni acquistate all’atto dell’emissione o sul mercato secondario. Per questo, i co.co.bond offrono un rendimento generalmente molto più alto delle stesse altre obbligazioni bancarie, arrivando anche al 10% in questi anni. Non male, in epoca di tassi zero.

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